Dopo aver scartato anche questo Natale la solita sciarpa viene da dire che ha ragione Joel Waldfogel, economista dell’Università del Minnesota: i regali di Natale sono un disastro economico
Articolo a cura di Lorenzo De Martino – Sales & Business Development Associate
La sua teoria sull’inefficienza economica dei regali di Natale è abbastanza semplice: quando si fa un regalo esiste una discrepanza di valore tra chi lo acquista e chi lo riceve.
Sebbene chi sceglie il dono spesso lo fa con la massima cura, spesso le migliori intenzioni si trasformano in regali indesiderati o addirittura sgraditi. Purtroppo, nessuno conosce i nostri gusti meglio di noi stessi e quindi anche nel momento in cui riceviamo un regalo gradito è probabile che se avessimo avuto la possibilità avremmo speso quella stessa somma di denaro per comprare qualcosa di più desiderato.
A livello microeconomico il meglio che una persona può fare quando acquista un regalo è trasferire un beneficio pari al valore speso, cioè indovinare esattamente ciò che il destinatario avrebbe scelto. Ogni scostamento da questo ottimo si trasforma in una perdita secca di valore tra il costo del regalo acquistato e la valutazione dello stesso da chi lo riceve. Waldfogel stima che la perdita secca è del 10% quando riguarda regali ricevuti da amici e parenti prossimi e supera il 30% quando a fare regali sono conoscenti, amici alla larga e parenti che non vediamo spesso.
La teoria parte da un’analisi dei consumatori e nello specifico analizza i comportamenti assunti durante l’anno. Nel periodo non natalizio, le persone acquistano beni che si aspettano di usare con piacere, guardando decine di articoli prima di scegliere.Invece, a Natale si possono osservare donatori che sparano nel buio sperando di beccare qualcosa che piaccia. Fermare questa pratica barbara secondo Waldfogel non avrà neppure effetti negativi sull’industria dei regali, perché “non è il Natale che causa la spesa, il Natale causa solo che quella spesa avvenga attraverso un meccanismo che ti fa avere la maglia della taglia sbagliata”. E proprio per questo motivo, ogni anno Natale trasforma i nostri luoghi quotidiani in un cimitero di maglie mai indossate, libri mai letti, oggetti mai usati.
C’è da dire che un po’ ce la cerchiamo anche noi. Ad ogni regalo scartato diciamo che è stupendo, fingiamo che quella cravatta senape a pois rossi è proprio quello che cercavamo, tentando in ogni modo di mascherare le reali emozioni con performance teatrali. Il problema è che a causa della nostra finzione, molto probabilmente, arriverà un regalo da abbinare a quella orrenda cravatta.
Tornando alle nozioni di microeconomia, possiamo giungere alla conclusione che il tutto è riconducibile ad un’asimmetria informativa. I più piccoli la risolvono con la letterina a Babbo Natale, in cui viene indicato espressamente l’oggetto del desiderio con anche una serie di seconde scelte, ma per i più grandi non c’è l’usanza di inviare lettere con la lista di regali ad amici e parenti. Forse questa potrebbe essere la soluzione più razionale per evitare di regalare quanto suggerisce l’economista di Harvard.
La soluzione secondo Waldfogel? Smetterla con i regali e passare ai soldi in contanti o al limite alle gift card, seppure anch’esse abbiano un certo grado di inefficienza poiché spesso scadono o non vengono utilizzate integralmente. C’è da dire che però una volta ricevuti, il denaro ricevuto si confonde con quello già presente e si tende a dimenticare il momento e il dettaglio del regalo.
Le critiche a Waldfogel
Il Prof. Panunzi sostiene che “usare i contanti ha più senso quando l’utilità marginale del denaro è diversa, ad esempio tra nonni e nipoti. Altri economisti si sono espressi a riguardo: Alberto Alesina di Harvard sostiene che il contante non è di per sé più efficiente, perché “la scelta di un regalo particolare è un segnale dell’intensità dello sforzo di ricerca”, mentre David Autor del Mit ricorda che “i regali hanno multipli scopi interpersonali e le preferenze rivelate indicano che il trasferimento di reddito non è quello primario”. Anche Fausto Panunzi, economista della Bocconi, non è convinto dalla teoria di Waldfogel perché “non vengono considerati i “search costs”, lo sforzo e il tempo impiegato per cercare un regalo.” Volendo approfondire la tesi del prof Panunzi, il fatto che ci regalino il solito pigiama con delle caratteristiche non gradite non è un disastro. Forse sarebbe stato molto più costoso girare per i negozi per trovare il pigiama ideale con il rischio di rimanere delusi. Per la maggior parte dei critici della tesi di Waldfogel, non si tratta di essere sentimentalisti: il valore di un regalo non è solo una funzione del suo prezzo, ma anche del piacere che ha chi sceglie quel particolare dono.
Riuscirà Waldfogel a fermarci dal fare i regali? Non credo ma sicuramente le sue osservazioni possono insegnarci a migliorare.
Una lezione potrebbe essere scegliere doni dall’alto valore sentimentale: se nella nostra mente l’obiettivo è quello di colpire al cuore anziché alla tasca allora il risultato sarà più soddisfacente per tutti, sia per chi acquista che per chi riceve.
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