Per mesi al centro delle discussioni dei vertici europei, il Recovery Fund ha trovato la sua forma definitiva. Amato e odiato dai ventisette Paesi membri dell’Unione, sono tutti concordi nel definirlo un punto di svolta e un giorno che verrà ricordato per molto tempo.
Articolo a cura di Flavia Cirillo – Sales and Business Development Associate
Dopo 4 giorni e 4 notti di estenuanti trattati, all’alba del 21 luglio 2020 il presidente del Coniglio Europeo Charles Michel tweetta un iconico “Deal!”, segnando un cambiamento storico per l’Unione Europea.
Il piano straordinario è l’ormai conosciuto e dibattuto “Recovery Fund” che nella sua forma definitiva si compone di 750 miliardi di Euro suddivisi in 390 miliardi di sovvenzioni da non rimborsare e 360 miliardi prestiti, destinati a salvare i paesi maggiormente colpiti dal Covid. I 27 capi di stato hanno prontamente risposto considerando l’accordo una conquista per le proprie nazioni e per l’Europa intera che per la prima volta dalla sua fondazione ha disposto un debito comune.
Il Fondo per la Ripresa distribuirà risorse a partire dal secondo trimestre del 2021 fino al 2023, ma potranno essere usati retroattivamente anche per coprire le misure prese dal febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del Recovery validi fino al 2026. Fissata, invece, la data per l’inizio del rimborso dei prestiti a partire dal 2027.
Quanto all’Italia, l’ammontare concordato è di circa 80 miliardi di sussidi e 120 miliardi di prestiti, tuttavia il paese dovrà accettare forme più intrusive di gestione dei fondi. La soluzione prevede che i piani di recupero e resilienza varati da ogni paese dovranno essere valutati dalla Commissione entro due mesi dalla presentazione. La promozione dei piani sarà possibile in base al tasso di rispetto del Green Deal, della transazione digitale e delle raccomandazioni Ue 2019-2020 per i singoli paesi: nel caso dell’Italia si fanno pressioni per quanto riguarda riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. Per la ratifica finale e l’entrata in vigore i piani di riforme dovranno essere sottoposti ulteriormente al vaglio del Consiglio UE e come ultimo step al Parlamento UE.
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