WEB TAX: cos’è, chi colpisce, e quali criticità comporta.

La Web Tax è la ISD, Imposta sui Servizi Digitali, ed è stata introdotta dalla legge di bilancio del 2020 nell’intento del legislatore di colpire i grandi colossi del mondo digitale, ovvero le cosiddette GAFA: Google, Amazon, Facebook ed Apple.

Articolo a cura di Fiorella de Matteis – Sales and Business Development Associate

 

Ispirata alla Digital Service Tax, proposta dalla Commissione Europea nel 2018 ma mai entrata in vigore, la Web Tax, dopo alcuni tentativi e svariate false partenze, debutterà anche in Italia con la legge di bilancio del 2020. La ratio dell’imposta è quella di contrastare l’evasione delle cosiddette GAFA dai regimi di tassazione dei Paesi dove operano, sottoponendosi all’imposizione fiscale di quelli in cui hanno la sede legale.

Tali società infatti, pur operando nel mercato italiano e rivolgendosi ai consumatori italiani, non pagano le tasse in Italia, in quanto hanno deciso di collocare le loro sedi in paesi dove la pressione fiscale è inferiore.

Come noto, tuttavia, le leggi ad personam, ossia rivolte ad uno specifico soggetto, sono vietate, perciò tale imposta andrà a colpire tutti quei soggetti che possiederanno congiuntamente i requisiti sostanziali e numerici previsti dalla legge.

Per quanto riguarda i requisiti sostanziali, saranno assoggettate alla Web Tax le società operanti nel mondo dei servizi digitali che svolgono le seguenti attività:

– diffusione di pubblicità mirata agli utenti della rete online

– fornitura di servizi venduti su piattaforme digitali

– trasmissione di dati raccolti dagli utenti e generatisi tramite l’utilizzo dell’interfaccia digitale

Quanto ai requisiti numerici, due sono i parametri individuati: un fatturato, a livello singolo o di gruppo, superiore ai 750 milioni di euro ed un fatturato superiore ai 5,5 milioni di euro derivante appunto dai servizi digitali offerti in Italia.                                                                                 

L’aliquota sarà quella del 3%, applicata al fatturato derivante dai servizi digitali, e per considerare il ricavo tassabile sarà necessario individuare l’italianità della transazione, attraverso l’indirizzo IP della stessa.

La legge prevede tuttavia una serie di esclusioni per imprese che, pur operando nel mondo dei servizi digitali, non vedranno applicarsi la tassa, ne sono un esempio le società finanziarie intermediarie.

Individuati i caratteri fondamentai della Web Tax, è possibile analizzare le svariate criticità che tale imposta comporta. Prima tra tutte, trattandosi di un’imposta sul fatturato, è molto probabile che la stessa andrà a gravare a valle sul consumatore. Le imprese probabilmente, infatti, alzeranno percentualmente i prezzi così da ricevere il mancato guadagno da parte dei consumatori.

Seconda controindicazione riguarda la geolocalizzazione e la compatibilità della stessa con la normativa sulla privacy che consente di eliminarla, vanificando la possibilità di sapere se la transazione è avvenuta in Italia.

Terza ed ultima criticità è che, pur non volendo, la Web Tax andrà a colpire anche i grandi gruppi editoriali italiani come ad esempio Mediaset e RCS, che rientrano nelle soglie previste dalla legge per fatturato e servizi digitali offerti, il che è certamente contrario alla finalità della norma.

 

L’iniziativa Italiana non è stata però la sola, ulteriori esempi di imposte simili sono state già disciplinate da diversi paesi come Regno Unito (2%), Polonia (1,5%), Turchia (7,5%) e Francia (3%).

Gli Stati Uniti infatti sono già passati al contrattacco: considerando la Web Tax come una discriminazione nei confronti delle loro imprese, hanno dichiarato che reagiranno imponendo dazi sui prodotti francesi e italiani. Amazon, in più, ha annunciato che aumenterà le commissioni per gli imprenditori francesi che offrono i propri prodotti e i propri servizi attraverso il Marketplace di Amazon in Francia.                                        

Il panorama risulta essere decisamente frastagliato, è perciò auspicabile un pronto intervento a livello europeo affinché la disciplina venga uniformata.

Fiorella de Matteis

Fiorella de Matteis

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