Il mondo inondato dal petrolio: mercati del greggio al collasso

La paralisi del settore dei trasporti e il pesante rallentamento della produzione industriale globale mettono in ginocchio il mercato petrolifero. Ma la pandemia in atto non è l’unica causa dietro al crollo del petrolio.

Articolo a cura di Claudia Russo – IT & Communication Associate

 

La paralisi del settore dei trasporti e il pesante rallentamento della produzione industriale globale mettono in ginocchio il mercato petrolifero. Ma la pandemia in atto non è l’unica causa dietro al crollo del petrolio:

Saltato l’accordo con la Russia sul taglio dei livelli produttivi, stabilito all’interno dell’OPEC+ (in data 6 marzo), l’Arabia Saudita ha notevolmente alzato l’offerta di greggio, dando inizio ad una guerra di prezzi dalle conseguenze disastrose.

La differenza tra le unità prodotte e quanto invece richiesto in un momento di crisi globale, ha fatto sì che l’oro nero raggiungesse, alla fine del mese di marzo, i minimi pluriennali (21$ a barile).

Ma come si è arrivato ad un valore negativo del petrolio?

Il 20 aprile 2020 verrà ricordato come un giorno devastante per l’industria del petrolio: per la prima volta nella storia il prezzo del WTI con scadenza a maggio ha segnato un valore sotto lo zero (- 37,63$ a barile). Una situazione quasi paradossale che trova spiegazione nel funzionamento del mercato petrolifero: quello per l’acquisizione del greggio è un contratto future che prevede la consegna della merce alla scadenza (prevista il 21 aprile). Questi tipi di contratti normalmente vengono rinnovati poco prima del termine ultimo attraverso il meccanismo del “rollover” ma nel caso dei contratti di maggio, questi rappresentavano una “patata bollente” per i traders: nessuno era disposto a prendere in consegna il petrolio date le situazioni di lockdown e i serbatoi di stoccaggio saturi rendevano estremamente oneroso il deposito del greggio. Tale situazione ha costretto i possessori dei futures a pagare per non ricevere quanto già acquistato e vista l’impossibilità di bloccare la produzione del petrolio per sopperire allo squilibrio dell’offerta rispetto alla domanda, la svalutazione è stata inevitabile.

Già il 21 aprile si è verificata una ripresa del prezzo del greggio, testimoniando che il WTI sotto pressione fosse quello con scadenza più ravvicinata. Pertanto il crollo del 20 aprile potrebbe rappresentare un evento isolato, derivante da condizioni di mercato di forte instabilità.

Non a caso, il contratto di giugno del Wti è sempre in calo, ma in forma meno drammatica: meno 15,64% a 20,89$ al barile; si tratta comunque di un gap tra i due contratti mai verificato che dimostra l’insufficienza del piano OPEC+ per il taglio della produzione (riduzione di 9,7 milioni di barili al giorno, a partire dalla seconda metà di aprile) e che fa comprendere l’ampiezza della crisi che il mercato petrolifero sta affrontando.

Infatti, sebbene il problema, ad oggi, sia più americano che europeo, anche il Brent (che funge da riferimento per il mercato europeo) ha subito un forte calo arrivando a perdere il 17% nella giornata del 20 aprile e tornando poi a salire con un progresso del 16% a oltre 22$ al barile.

 

Claudia Russo

Lorem ipsum dolor sit amet consectetur adipiscing elit dolor

Don't be shy, step forward!