Come le A.I. potrebbero cambiare il mondo del diritto!

Mai sentito parlare di Legal Tech? 

La Legal Technology consiste nell’uso di tecnologie avanzate e software per supportare il settore legale. Espressioni come Virtual Agent, Machine Learning, e Smart Contract, si sono inserite prepotentemente nelle nostre riflessioni. L’Artificial Intelligence (A.I.) è ad oggi in grado di surrogarsi in attività come la ricerca analitica di dati o precedenti giurisprudenziali, attività di notifica, archiviazione e deposito di atti.

Ma i compiti assegnati alle A.I. sono tanti e in continuo divenire.

Una certezza c’è: “Le intelligenze artificiali non sono fantascienza”. Così, la Commisione Europea dichiarò nella Comunicazione intitolata “L’intelligenza artificiale per l’Europa” nel 2018.

Nello stesso anno, il CEO di Google Sundar Pichai affermava che le A.I. avrebbero trasformato l’umanità più dell’elettricità.

E il 2020 sembra essere proprio l’anno della svolta. Il Covid-19 avrebbe infatti scoperto ferite profonde di ogni settore non ancora pienamente digitalizzato, come, appunto, quello legale.

L’uso efficace delle A.I. permetterebbe di superare le inefficienze legate a tempistiche troppo lunghe, procedimenti macchinosi e inconcludenze burocratiche. In questo modo il professionista può concentrarsi principalmente sulle specificità del cliente, valorizzando i propri elementi distintivi, la propria etica professionale e combinando le competenze tecnologiche con il sapere giuridico per offrire soluzioni innovative ed efficienti.

Le A.I. permettono, quindi, un’innovazione profonda del diritto, influenzando non solo le attività di operatori di diritto, ma la vita di milioni di persone. Da anni, infatti, alcune start-ups stanno progettando Legal Chatbots. Insomma, avere degli avvocati robot, disponibili 24/7, che rispondono a domande semplici sul diritto, sembra essere uno strumento potentissimo per chi non ha accesso a servizi legali.

Si pensi, poi, agli Smart Contracts: contratti conclusi da A.I., in cui tutte le fasi della vicenda contrattuale (ricerca e scelta della controparte, trattativa, assunzione dell’impegno, attuazione ed esecuzione della prestazione) possono essere incorporate in un software, in modo tale che la macchina governi “da sola” l’intero ciclo contrattuale. Si realizza così un contratto integralmente automatizzato, composto da clausole individuate da un codice.

Nei cc.dd. contratti algoritmici, utilizzati perlopiù nei mercati finanziari per attività di High Frequency Trading, non si è più dinanzi alla semplice automazione, ma a qualcosa a cui si addice il termine “autonomia”. L’auto-perfezionamento e la riproduzione allargata auto-evolutiva proprie delle A.I. permettono non solo l’essere, ma anche il divenire**.

Tuttavia, non mancano aspetti critici.

Parte della dottrina avrebbe infatti sostenuto la mancanza dell’elemento volontaristico in siffatti contratti, interrogandosi sulla natura giuridica di questi strumenti.

Le premesse sembrano essere ottime, le potenzialità infinite. Ma sembra doveroso specificare che ancora non si possa prescindere dall’occhio attento di un “revisore umano” e che si dovrà attendere ancora (realisticamente molti anni) per una sostituzione, potendosi parlare, ad oggi, soltanto di una mera integrazione.

Tempora mutantur, nos et mutamur in illis d’altro canto, ed è per questo che risulta fondamentale comprendere che cambiamenti del genere pian piano subentreranno sempre di più nella nostra quotidianità e dovremo essere pronti ad ambientarci il più in fretta possibile.

 

**1. A. Procida Mirabelli di Lauro in “Diritto delle obbligazioni”, 2020, pp. 511 ss.

Sveva Cuccurullo

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Marina Mascolo

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